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Il condomino può staccarsi dall’impianto centralizzato di riscaldamento liberamente, salvo se il distacco provoca notevoli squilibri funzionali o aggravi di spesa per i condomini. Resta tuttavia tenuto a pagare le spese di manutenzione straordinaria, conservazione e messa a norma dell’impianto.

Specie negli edifici di vecchia costruzione, è assai comune trovarsi a fronte di impianti di riscaldamento centralizzato. Ciò ha portato molte persone a volersene distaccare per adottare un sistema di riscaldamento autonomo, con conseguenti contrasti con gli altri condomini.

Di fronte ai numerosi conflitti sfociati in processi, il governo è intervenuto a modificare con la L. 220/2012 l’art. 1118 del Codice Civile, finendo per recepire quanto sancito in merito dalla giurisprudenza e facendo chiarezza sulla questione.

Ebbene, l’attuale art. 1118 comma quarto c.c. statuisce che il condomino possa rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento solo se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. Il condominio che si distacca resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto, nonché per la sua conservazione e messa a norma.

In proposito, la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 28051/2018 pubblicata il 2 novembre 2018, ha statuito che è nulla la clausola eventualmente contenuta in un regolamento condominiale che vieti in modo assoluto il distacco dall’impianto centralizzato di riscaldamento da parte di un condomino.  Ha altresì sancito che i condomini possono regolare la ripartizione delle spese di riscaldamento a mezzo di un’apposita convenzione.

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